EduGaming VS Radicalisation: combattere la radicalizzazione politica con i videogiochi

Disclaimer:

questo articolo risale al 2022 ma è stato recentemente aggiornato con i risultati del progetto, ovvero due minigiochi a tema “discorsi di odio contro la comunità LGBTQA+” e “apatia politica”, rispettivamente intitolati “Umbrella+” e “Good Morning, SleepyLand!”.
I due minigiochi sono completi e giocabili su browser desktop e mobile.

Per saperne di più vi rimandiamo alle rispettive pagine del portfolio:

Per giocarli potete seguire questi due link:

 

E adesso riavvolgiamo il tempo al marzo 2022…

La nostra prima trasferta dall’inizio della pandemia ci ha portati a fine marzo 2022 a Tortona per collaborare con La Fenice APS, AJ Inter, Next Generation, PaNoKe al progetto EduGaming VS Radicalisation: strategies for beginners” nell’ambito del progetto Erasmus+ KA2.
I partecipanti, dopo una corposa riflessione sul tema, dovevano porre le basi per lo sviluppo di piccoli videogiochi.

La domanda è ricorrente:

può un videogioco sensibilizzare, educare e formare i giovani al punto da combattere la radicalizzazione politica? E in che modo può farlo?

Durante il training abbiamo provato a dare degli spunti e delle risposte.

La struttura dei training: sondaggi, focus group e analisi dei dati sulla radicalizzazione politica

Siamo arrivati quando i partecipanti lavoravano sul tema già da 3 giorni. I risultati dei sondaggi e i focus group che erano stati fatti su un campione europeo di partecipanti erano già stati ampiamente analizzati e sviscerati attraverso tutta una serie di workshop.

Da questo lavoro sono emersi quelli che poi sono stati i temi da cui partire per sviluppare dei piccoli applied game ovvero

  • Political Apathy,
  • Social Bubble,
  • LGBTQA+.

Il nostro scopo come consulenti era quello di guidare la progettazione in modo che i partecipanti, completamente a digiuno riguardo lo sviluppo dei videogiochi, potessero pensare a prodotti effettivamente realizzabili con il budget a disposizione.

 

 

Come ci siamo mossi: casi studio di applied games e videogiochi

Avevamo a disposizione circa un’ora e mezza per fare una piccola introduzione agli applied games.

La lezione non era fine a sé stessa: i partecipanti dovevano, subito dopo, mettere le mani in pasta e iniziare a progettare. In questi casi, esempi pratici e casi studio si rivelano particolarmente efficaci.

Dopo la nostra introduzione, divisi in gruppi per tema, i partecipanti hanno iniziato a pensare in che modo avrebbero potuto usare le meccaniche tipiche dei videogiochi e la narrazione al servizio del messaggio che volevano veicolare.

Il nostro compito era:

  • lasciare il giusto tempo per strutturare le idee,
  • ascoltare le proposte e dare feedback sulla fattibilità tecnica,
  • dare feedback sull’efficacia della narrazione,
  • affinare le idee riguardo il gameplay.

Il nostro obiettivo era quello di portare ciascun gruppo a creare documentazione utile allo sviluppo successivo.
Per riuscirci, i partecipanti dovevano avere visivamente chiaro come avrebbe funzionato il loro videogioco.

 

I videogiochi sono un mezzo per cambiare il mondo?

Innanzitutto, cerchiamo di capire cosa sia un videogioco.
La definizione che abbiamo trovato e che più ci aggrada è quella di Jesse Schell – con una piccola aggiunta – che vede un videogioco come un’attività di risoluzione dei problemi affrontata con atteggiamento ludico e che viene interagita con e tramite un dispositivo elettronico.

Ora, già questa definizione dà l’idea delle potenzialità di un videogioco quando si tratta di allenarsi alla risoluzione dei problemi.
Per rispondere alla domanda retorica di cui sopra: il mondo in cui viviamo è un sistema complesso che presenta una marea di problemi che la maggior parte delle volte non sono risolvibili in maniera semplice e diretta. Più di tutto, il mondo in cui noi esseri umani viviamo è un sistema complesso di relazioni interumane.

A volte, la vita avrebbe bisogno di essere vissuta tante volte per poter capire quale sia la scelta migliore da fare in un determinato momento, ma nella realtà non possiamo riavvolgere il tempo e tornare indietro. In un videogioco sì.

Se avessi fatto un’altra scelta, le cose sarebbero andate diversamente?

Immaginare il futuro, commettere errori senza aver paura di sbagliare per capire quale sia la scelta migliore

Ecco che un videogioco può diventare un metodo per vagliare possibilità, individuare risvolti imprevedibili a cui non avevamo pensato e immaginare un futuro diverso nel bene e nel male.

Le potenzialità di un videogioco non si fermano qui.
Ben lungi dall’essere un medium freddo e alienante come molta cultura vuole farci credere, un videogioco oltre a essere composto da meccaniche e regole, ha le potenzialità per raccontare una o più storie. Storie di personaggi in cui è possibile immedesimarsi e che vivono in mondi in cui è possibile muoversi e che è possibile scoprire e conoscere.

Più di tutto, un videogioco ha il giocatore come protagonista.
È il giocatore che muove una proiezione di sé stesso all’interno di un sistema realistico che sa però essere non reale. Questo significa che l’errore non è mai realmente mortale e, anzi, uno dei meccanismi chiave di alcuni videogiochi è proprio il trial and error: sbagliare, senza aver paura di farlo, per capire quale sia la scelta migliore.

Quindi:

Può un videogioco sensibilizzare, educare e formare i giovani al punto da combattere la radicalizzazione politica? E in che modo può farlo?

Secondo noi sì.

Un videogioco può sensibilizzare, educare e formare.
Un videogioco funziona con i giovani perché è un mezzo che parla la loro lingua in maniera profondamente diversa da un libro scolastico, ma non serve essere necessariamente “giovani” per apprezzarlo.

Basta guardare i dati per il 2021 di IDEA per rendersi conto del potenziale del mercato videoludico italiano:

 

 

Un videogioco funziona perché chi gioca si immedesima e vive la vita di qualcun altro sulla sua pelle o anche solo perché lo intrattiene mentre racconta di qualcosa che il giocatore da solo non avrebbe mai scoperto.

In che modo può farlo?

  • Con le meccaniche e le regole che governano il mondo di gioco,
  • con la narrazione,
  • con l’immedesimazione.

 

I risultati del training ad oggi

In una giornata e mezza di lavoro, tra i nostri input e il lavoro fatto a monte dai partecipanti, sono emerse tre possibili bozze di piccoli videogiochi creati ad hoc sulle tematiche individuate che speriamo riescano a vedere la luce presto. Un gioco narrativo a scelte ramificate e due platform.

Ci ha colpiti la partecipazione attiva delle persone e l’interesse e l’attenzione con cui hanno colto sfumature importanti che a volte studenti che seguono corsi di sviluppo videogiochi con noi non riescono a cogliere con la stessa prontezza.
Soprattutto ciò che ha funzionato è il fatto che i partecipanti, lavorando più o meno tutti nella formazione non convenzionale, avessero già chiara l’importanza dello storytelling nel veicolare messaggi significativi attraverso medium diversi.

Ma forse la cosa che ci ha arricchiti più di tutto, in un periodo in cui la guerra è davvero vicina alla nostra piccola comoda bolla, è stato ascoltare il punto di vista di chi viene da luoghi in cui la guerra non è qualcosa di lontano e scoprire come la sua rappresentazione stessa possa cambiare a seconda dei luoghi, delle culture e del bagaglio storico di ciascuno.

Sicuramente, come insegnanti, qualcosa “ruberemo” da questo incontro con un settore completamente diverso dal nostro:

  • il modo di far lavorare le persone in gruppo,
  • la velocità con cui vagliare e mettere da parte idee,
  • l’efficacia con cui veicolare informazioni importanti con workshop-lampo per partire tutti da una base di conoscenza comune.

 

Grazie ❤️